sabato, dicembre 30, 2006

Aldo Nove, poeta

Un'etichetta è peggio di un marchio di fabbrica. Ne deve sapere qualcosa Aldo Nove che è conosciuto ai più soprattutto per il suo passato da "cannibale", ovvero di scrittore che si è fatto conoscere al grande pubblico con i racconti "woobinda", radiografia di un'Italia feroce, come ha scritto di recente Avvenire.

Lo stesso quotidiano ci informa che sta per uscire nel prossimo marzo, nella celebre "collana bianca" di poesia Einaudi, il suo nuovo poema dedicato alla figura di Maria.
Da un "cannibale" non ce l'aspettavamo.

Ne sapremo di più con le anticipazioni della rivista Poesia di gennaio.
Secondo Avvenire, Aldo Nove avrebbe scritto trenta canti, ciascuno dei quali scandito in sette quartine di endecasillabi rimati e in cui Nove definisce Maria "il punto in cui la notte non è ancora trapassata/nel giorno", compimento della danza/in cui la notte non è ancora giorno".

Personalmente, sono curioso.
(Angelo De Lorenzi)

venerdì, dicembre 22, 2006

Tre spigolature sul Natale



Non ci accontentiamo di vedere la bellezza
anche se il Cielo sa che gran giorno sia questo
Noi vogliamo qualcos'altro che è difficile esprimere
a parole, vogliamo sentirci uniti alla bellezza
che vediamo, trapassarla,
riceverla dentro di noi, immergersi in essa, diventarne parte.

(Clive Staples Lewis)






E' che c'e' del nuovo, un nuovo incontestabile,
un nuovo irrecusabile, un nuovo irrevocabile,
un nuovo irreversibile.
Si passa dal punto in cui non c'era niente
al punto in cui c'e' qualcosa.

(Charles Peguy)




Abbacchio, olive e pesce

Ustacchio, la víggija de Natale
Te mmettete de guardia sur portone
De quarche mmonziggnore o ccardinale,
E vvedrai entrà sta príscissione.

Mo entra una cassetta de torrone,
Mo entra un barflozzo de caviale,
Mo er porco, mo er pofiastro, mo er cappone,
E mmo er fiasco de vino padronale.

Poi entra er gallinaccio, poi l'abbacchio,
L'oliva dolce, er pesce de Fojjano,
L'ojjio, er tonno, l'anguiha de Comacchio.

Inzomma, inzino a nnotte, a mmano ammano,
Te fli tt'accorgerai, padron Ustacchio,
Cuant'è ddivoto er popolo romano.

(Giuseppe Gioacchino Belli)

Auguri indiani
(nell'immagine la Natività di Rembrandt)

giovedì, dicembre 21, 2006

Benvenuto nel Mondo Nuovo


La maggior causa di divorzio è il matrimonio
Woody Allen

mercoledì, dicembre 20, 2006

Nove passi davanti e dietro la balena, in forma di ballata

Sesto passo. All'inizio

Siamo in viaggio

Non sapevamo, all'inizio, quale bastimento ci aveva riservato la sorte
Canoa
Battello
Oppure nave
Solo, abbiamo imparato col tempo che dovevamo andare

Là, pesce
Là, acqua

Non sappiamo al mattino
Quale giornata abbracceremo
Se tempesta
O bonaccia
Se disattenzione
O disgrazia
Sulle cose del mondo

pesce, tanto pesce
e una balena ogni tanto sul nostro orizzonte
che ci sveglia dal nostro torpore

lunedì, dicembre 18, 2006

Nove passi davanti e dietro la balena, in forma di ballata

Quinto passo. Cetologia

Il mattino ci sorprende
Senza arte
Né parte

Appena
Al risveglio
Sotto le coperte,
Stiamo, sto, nel cono dell'abisso
Sorta d'imbuto dentro cui ci siamo perduti
Senza rive
Senza porti
Senza un futuro davanti
E un passato, dietro

Eppure basta un minuto
Per desiderare un ordine
E una misura
Una scansione

E una rima
Un ordine, insomma.
E un equilibrio, persino

Con questo briciolo di coscienza
Polvere
Mi avvio in bagno
Senza pensare
Senza rive
Senza posti

E' lo specchio che guardo, ora
Al mattino
Senza vedermi

Là una balena
Soffia
(Per fortuna)

venerdì, dicembre 15, 2006

Nove passi davanti e dietro la balena, in forma di ballata

Quarto passo. L’amore

Mi hai salutato dopo un’ora di compagnia
Eri sul marciapiede
Milano
E la tua pupilla ho fissato
Il mio occhio stanco
Non ha riconosciuto il tuo amore

Perché anche un tempio minore
Deve stare appresso a quello maggiore e da esso discendere
Perché anche lì la Chiesa deve poter operare

Così il poeta:
“La Chiesa deve edificare di continuo
Perché è continuamente minata dall’interno e dall’esterno”

Per amare bisogna lasciarsi amare
Per amare bisogna imparare ad amare

Mi hai salutato con l’occhio
L’ardore travalica il limite dell’amato
Lo trapassa
E’ spada
L’ardore, l’amore, è ardire

(Infatti, fa rima con tradire)

Milano, salutarsi da un marciapiede
Finito l’appuntamento ce ne andremo per la nostra strada
Tu volterai a sinistra, io a destra
Così abbiamo fatto, questa mattina
Io infilandomi nei miei pensieri

Sei andata via
A casa, anche questo venerdì, il tuo pesce preferito
Io non lo mangerò
Come sempre
Siamo diversi

Questo pesce è piatto
Appoggia il fianco sinistro sul fondo
Così che gli occhi stanno sul lato destro
È un pesce bizzarro, per questo
Ha squame lisce, sul capo una serie di tubercoli ossei
Si nutre di invertebrati che vivono sul fondo marino
Si appassiona di piccoli molluschi bivalvi e policheti

Depone le uova all’inizio della primavera
Le femmine arrivano ai 24 anni
I maschi raramente raggiungono i 12

Per tutti c’è un’industria florida
Che li fa secchi prima

Pescati nel Mar Artico
E in quello Atlantico
Nel Mediterraneo, specialmente lungo le coste spagnole e quelle francesi

Venduta fresca, congelata, specialmente a filetti
Invade i supermercati di tutta Europa

La si può confondere con la passera di mare (Platychthys flesus) che è
La specie propriamente mediterranea, la platessa invece è la sottospecie atlantica
E differisce da questa per l’assenza dei tubercoli alla base delle pinne dorsali e anali

La platessa depone le uova da novembre a giugno a seconda delle località
Da marzo ad aprile nella ghiacciatissima Irlanda
Da gennaio a giugno sulle coste olandesi
Da novembre a giugno nel Mar Baltico


Questa sera i nostri figli mangeranno pesce

giovedì, dicembre 14, 2006

Il poeta (albanese) in copertina

Oggi il settimanale Tempi, in edicola assieme al Il Giornale, dedica la copertina ad un poeta albanese che vive da diversi anni in Italia. Si chiama Çlirim Muça, una passione da sempre per la parola scritta, un viaggio a piedi dall'Albania in Italia, tanti lavori, più o meno umili, oggi una moglie italiana, due figli, e lavora come impiegato ma è anche poeta ed editore.

Un albanese che lavora, mette su famiglia e decide, ad un certo punto della sua vita, di mettere adddirittura in piedi una casa editrice, non è cosa da poco. La casa editrice è piccola, non potrebbe essere diversamente, ma funzionante e trasparente. Gli autori non devono pagare una lira per farsi pubblicare, una volta scelti. E questa è già una bella notizia. E poi, vi immaginate un albanese italiano che specula sull'attività degli italiani o dei propri connazionali?
La sua casa editrice si chiama Albalibri

Tempi, che non è una rivista letteraria, racconta più nei dettagli la storia di Çlirim Muçae dei suoi amici albanesi che lavorano (sì lavorano) e scrivono in Italia. Il settimanale ospita anche un contributo scritto di suo pugno.

Muça io l'ho conosciuto di persona a Sesto San Giovanni e mia moglie, qualche anni fa, ha dato un'occhiata ai suoi primi scritti, prima che iniziasse a pubblicarli. Di recente è stato anche intervistato dal Tg3 Lombardia in occasione di una manifestazione dedicata ai piccoli editori.
Di Muça voglio ancora parlare. Mi sembra una bella storia.

mercoledì, dicembre 13, 2006

"Temo certi cattolici più dei comunisti"

L'intervento di Antonio Socci su Chi vuole cancellare il Natale?

Padre Bepi, la sua storia


Mercoledì 13 dicembre ore 21 al Luna Rossa, via Dante 201, Concorezzo (Milano)il Centro culturale "Vita nova" presenta il libro "quattro giorni, quarant'anni. con Padre Bepi in Sierra Leone ( Rizzoli-Bur).

Alla serata sarà presente l'autore, il poeta e scrittore Davide Rondoni.

Padre Giuseppe Berton, nato a Marostica nel 1932, da quaranta anni è missionario saveriano in Sierra Leone. Laureato a Glasgow in filosofìa morale e logica. Dal '64 al '66 comincia la missione in Sierra Leone dove dal 1972 si stabilisce definitivamente. Nel 1997 ha aperto a Lakka — nella penisola di Freetown — un centro di accoglienza attivo per il recupero di orfani ed ex-bambini soldato.

L'autore: Davide Rondoni, nato a Forlì nel 1964, ha pubblicato diversi libri di poesia (Il bar del tempo, 1999; Avrebbe amato chiunque, 2003; Compianto, vita, 2005) e il romanzo per ragazzi I bambini nascono come le poesie, 2006. È presente nelle migliori antologie di poesia italiana contemporanea, e tradotto in inglese, francese, russo e spagnolo.

Dirige il Centro di poesia contemporanea dell'Università di Bologna e collabora da editorialista con «Avvenire», «Il Tempo» e «Libero».

lunedì, dicembre 11, 2006

Vibrisselibri sbarca a Milano

Martedì 12 dicembre, alle ore 18, a Milano presso la Libreria Feltrinelli di via Manzoni, saranno presentati al pubblico i primi due titoli pubblicati da vibrisselibri, la casa editrice in rete (www.vibrisselibri.net) ideata dallo scrittore Giulio Mozzi.

Si tratta del romanzo "L'organigramma", del milanese Andrea Comotti, e del saggio "Una tragedia negata. Il racconto degli anni di piombo nella narrativa italiana" del torinese Demetrio Paolin.

Parteciperanno all'incontro: i due autori Andrea Comotti e Demetrio Paolin; Giulio Mozzi; Margherita Trotta della redazione di vibrisselibri.

Nove passi davanti e dietro la balena, in forma di ballata

Terzo passo. Brutti pensieri

Ho sognato l’inferno
Deve essere un posto
Buio e rosseggiante
E negli anfratti ci deve essere del pesce marcio

Poi, ho sognato anche il paradiso
È stato un attimo
Poi, mi sono distratto

Nove passi davanti e dietro la balena, in forma di ballata

Secondo passo. Lei

Mi guarda
La guardo
Ci guardiamo
Sola
Solo
Soli


Ho fame
Distesa
Ho fame
E’ fredda
Gelata
Ghiacciata
No salata
La guardo
Ci guardiamo
Soli


Fuori piove
e fra poco è Natale


Soli
Il pesce preferito
Da mia moglie


Lei è tornata
Tardi
Ha infilato la diafana mano
Nel frigorifero
Ha tolto il ghiaccio
L’ha presa
Ghiacciata
L’ha estratta
Distesa
Osservata, con un occhio
Con l’altro mi guardava pensando ad altro, però


L’ha rigirata
Non so perché
Ammirata
Non so perché

Lei mi guarda,
Ora
Non so perché
Che incubo
Soli

Nove passi davanti e dietro la balena, in forma di ballata

Primo passo. Solitudine

Vuoi da mangiare?
Tieni
Vuoi compagnia?
Tieni
Non ti basta, da mangiare?
Vestiti, mettiti le scarpe
E vai al
Su-per-mercato

Compra
C'è il surgelato
Lo sapevi
Prima di sposarmi
Lo sapevi

Vuoi da mangiare?
Tieni
Vuoi compagnia?
Tieni

Sai che non ti basto?
Vai
Prendi le tue scarpe
Vestiti
E vai, vai
C'è il
Super
mercato

Dritto alla via ti aspetta il
Sur
gelato


Volevi andare via?
Vai
Prendi le tue cose e vai
Non ti basto?
Hai freddo?

Se non hai sonno, vai,
se non sapevi, sai

Vai, quindi, vai

C'è sempre
Che ti aspetta
un surgelato

Vai,
Prima non lo sapevi,
Oggi lo sai.

Devo telefonare ai miei amici
Sai
Prima non sapevi
Oggi lo sai


Perché non sei ancora andato?



venerdì, dicembre 08, 2006

I diavoli di Ginettaccio

E' uscito il libro "Gino Bartali". Mille diavoli in corpo (Giunti). L'autore di questo lavoro si chiama Paolo Alberati, 33 anni, ed è stato un corridore professionista. Dal 1995 al 2000 ha corso il Giro d'Italia.

Il volume racconta una delle tappe più straordinarie di Ginettaccio, ovvero la Firenze-Assisi e ritorno che tra l'ottobre del 1943 e il giugno del 1944 corse almeno una quarantina di volte per trasportare, nascosti nella canna della bici, documenti falsi per salvare gli ebrei perseguitati nel nostro paese.

Su Avvenire di mercoledì 6 dicembre, una recensione completa.

lunedì, dicembre 04, 2006

Tre Cime di Lavaredo, nasce il Cannibale


Sabato è stato presentato il tracciato del prossimo Giro d'Italia che si correrà dal 12 maggio al 3 giugno. Rispetto alle edizioni del passato, ci saranno tappe più corte e salite alternate alle crono.

Fra le salite che fanno paura è stato inserito lo Zoncolan e dopo 18 anni tornano le tre Cime di Lavaredo, un'ascesa storica testimone di episodi importanti. Per la prima volta il Giro qui arrivò nel 1967, primo Gimondi e secondo un Merckx al debutto. La salita fu falsata dalle spinte. L'anno successivo vinse il corridore belga.

La sua fu un'impresa, c'era vento, freddo e una bufera di neve. Merckx pensò tutto il giorno ad attaccare, e Adorni, che correva nella stessa squadra, lo tenne a freno. Non fu un'impresa facile. A 12 chilometri dal traguardoil Cannibale partì, Adorni era dietro nella sua scia ma come lui stesso ammise "Tirava che sembrava una moto". Gimondi, dietro, non ce la faceva. A tre chilometri dal traguardo, il belga lasciò anche Adorni e riprese uno dopo l'altro i dodici fuggitivi che si erano prima involati. Merckx vinse con una quarantina di secondi su Polidori, e stacco di quasi 6 minuti Ocana, e a 6 minuti e 19 secondi arrivò Gimondi.
Da quell'impresa, sulle Tre Cime, nacque il Cannibale, quello che noi conosciamo.
Ecco un brano dell'intervista che Vittorio Adorni mi ha rilasciato nel 2003 a proposito di questo episodio importante della storia del ciclismo e che il lettore può trovare integralmentenel testo "E non chiamatemi (più) Cannibale. Vita e imprese di Eddy Merckx. Limina Editore.

"Tirava che sembrava una moto"

Intervista a Vittorio Adorni
Eddy Merckx si rivelò come grande campione nella tappa delle Tre Cime di Lavaredo, al Giro d'Italia del 1968. Che cosa si ricorda di quel giorno?
Eravamo nella stessa squadra, la Faema. Fu una frazione dura e difficile. Quando correvamo noi, nella nostra "epoca", le Tre Cime era considerata una delle salite più difficili del Giro.
Nei primi chilometri, partì subito una fuga con alcuni corridori che riuscirono ad accumulare fino a dieci minuti di vantaggio sul resto del gruppo. Fra i fuggitivi c'erano Bitossi e Polidori. Merckx era molto nervoso, voleva andare a prenderli. Ad un certo punto iniziò a tirare la squadra di Gimondi, la Salvarani, con l'intenzione di recuperare qualche minuto di svantaggio. Dopo aver fatto il Passo di Sant'Osvaldo, poi la discesa di Longarone, misi davanti Van Der Bosch, corridore che andava molto forte in salita. In effetti impostò una andatura sostenuta mettendo così in fila indiana tutto il gruppo.
Arrivati ai piedi del Tre croci, Merckx mi guardò, allora gli feci cenno di attaccare e lui iniziò a scattare. Gimondi ha resistito un poco, poi si è staccato. Io rimasi prima sulla ruota di Gimondi, successivamente lo lasciai e andai a prendere Merckx all'inizio del Tre Croci. Merckx tirava che sembrava una moto. Ho pedalato con lui per tre chilometri, poi gli dissi di andare. Eddy raggiunse tutti gli avversari che si trovavano in fuga. Vinse la tappa, secondo
arrivò Polidori, terzo io.
Che cosa pensò all'indomani di questa straordinaria affermazione?
Non aveva ancora vinto una grande corsa a tappe. In quell'anno si affermò nel Giro di Sardegna e in quella occasione gli dissi che se avesse fatto come gli avrei suggerito, avrebbe vinto anche il Giro d'Italia. Nel periodo delle corse dormivamo nella stessa camera, mi accorgevo che Eddy era un gran corridore, capace di recuperare subito dalle fatiche. E poi lui correva sempre all'attacco. Pensava di fare la grande impresa sulle Dolomiti, ma correva come se ogni tappa fosse l'ultima della sua carriera. Durante tutto quel Giro, gli dissi di star calmo perché la corsa si sarebbe risolta sulle Tre Cime di Lavaredo. E così avvenne (...) La tappa delle Tre Cime di Lavaredo è stata la vittoria più importante,
quella più bella. Per un corridore belga, vincere sulle Dolomiti rappresentava il massimo".

(Angelo De Lorenzi)

venerdì, dicembre 01, 2006

Giornata nazionale della colletta alimentare. Riflessioni

Chi ha partecipato al gesto della Colletta alimentare ne ha ricavato qualcosa. Si può credere alle ragioni ideali che muovono questa iniziativa oppure no. Ma il dato oggettivo rimane. E' quello. Qualcosa di buono per sè e gli altri. E in tanti ci stanno, al gesto.
Io ho aderito a questa iniziativa partecipando alla raccolta fatta al centro commerciale Il Vulcano a Sesto San Giovanni.
  • Dal punto di vista organizzativo non è stato gran che. Dovevamo stare fuori dal punto di vendita, sotto la pioggia, praticamente; infilati in improbabili interstizi dove si faceva fatica a capire da dove entrasse la gente.
A me mi hanno sistemato assieme ad altri vicino all'uscita di un parcheggio da dove non usciva praticamente nessuno. Il solito sfigato. Così dopo aver parlato con la guardia del supermercato che era sensibile alla bontà dell'iniziativa ma doveva rispettare le consegne della proprietà, io e un tizio che faceva anche lui la raccolta, ci siamo spostati da un'altra parte dell'ipermercato che è a più piani e dalla forma strana, se non hai una cartina o qualcosa come google-maps ti perdi.
  • Sono sceso nell'unico posto all'interno dove si poteva stare e dove si confezionavano i pacchi da inviare successivamente ai punti raccolta. Mi sentivo un po' inutile e, inoltre, avevo paura di uscire perché soffro moltissimo l'umidità. E siccome non sono un eroe, uno dei miei amici mi ha tirato fuori dalla situazione infilandomi una pettorina gialla e dicendomi, gira per il supermercato, e fai l'uomo sandwich! Dentro, al caldo.

    Così ho fatto. La gente che aveva fatto la spesa per i poveri mi guardava e mi diceva "posso dare a lei il sacchetto?" Una signora in particolare mi stava dando il sacchetto e continuava a ripetermi "Ma posso fidarmi di lei? Siamo sicuri che porta giù il sacchetto?" Fra l'imbarazzato e l'incredulo alla fine ho preso il sacchetto, alla fine la signora si è convinto, forse solo guardandomi in faccia. Non è che la mia faccia fosse poi proprio tanto convincente, ma è la mia che cosa posso farci?

  • Morale: fatelo anche voi il prossimo anno il gesto della raccolta per il Banco Alimentare. Ne vale la pena. Anche se non vi sentite degli eroi.


    Sperando di fare cosa gradita e utile riporto sotto il giudizio della giornata scritto dal settimanale Tempi, mi sembra interessante.

Anche quest'anno la gente è solidale, ma un po' meno del solito. Chissà com'è


di Tempi

Ancora una volta gli italiani hanno detto il loro "crepi l'avarizia" e fatto la spesa nei supermercati per i loro concittadini più bisognosi. Bisognerebbe aggiungere: nonostante l'accidioso governo Prodi e la sottesa sua ideologia dell'invidia classista? Chissà.

In effetti, per la prima volta dopo dieci anni, gli esiti della decima edizione della Giornata nazionale della colletta alimentare non sono stati proprio così eccelsi. Duecento tonnellate di derrate alimentari in più rispetto all'anno precedente. Un incremento "solo" dell'1 per cento. Ma insomma, anche se non è stata un'annata record (si pensi che l'edizione 2005 registrò un incremento del 17 per cento rispetto all'anno precedente), la colletta si conferma la tipica espressione di un popolo libero e solidale. Si chiama "carità". E politicamente parlando "sussidiarietà".
Un fenomeno di grande ricaduta anche economica e sociale. Che dovrebbe far riflettere. Specialmente un esecutivo che si autorappresenta come difensore dei poveri e che in nome dei poveri diffonde la "superiore" civiltà del sospetto, dello Stato e della legge, nei confronti della fiducia nella libera iniziativa delle persone.

Ultima nota in margine: benché secondo le ultime rilevazioni Istat (ottobre 2006) i poveri in Italia rappresentino più del 13 per cento della popolazione, da quando Berlusconi è all'opposizione non c'è più alcuna "emergenza povertà". Un anno fa i giornali scrivevano che in Italia le famiglie non arrivavano alla fine del mese e non riuscivano a comprare il latte per i loro bambini. Oggi, nonostante i giornali siano tutti contro Prodi, dobbiamo ammettere che i miracoli esistono. In effetti, come strilla l'ultima copertina dell'Espresso, adesso "gli italiani sono i più ricchi d'Europa".

giovedì, novembre 30, 2006

Indiani e cowboy

Voglio giocare agli indiani.
Non ai cowboy!

In ufficio 1

Nel nostro ufficio abbiamo un frigor. Dal frigor usciva puzza.
C'era un pezzo di agnello. Scaduto. Da otto giorni.

Nova Milanese e dintorni 4

Mia moglie non sa che scrivo su questo blog.
Deve preoccuparsi?

martedì, novembre 28, 2006

Nova Milanese e dintorni 3

  • Un lettore ha scritto a Tempi sulla nota vicenda di ciò che è successo in una scuola superiore di Nova Milanese. L'argomento mi interessa per vari motivi. Primo, perché ho una moglie insegnante, secondo perché collaboro a Tempi. Terzo perché mi è piaciuta la risposta del direttore, Luigi Amicone. Quarto, perché la risposta di Amicone assomiglia più o meno a quello che ho detto in privato a mia moglie, prima di leggere il giornale stampato.

  • "Ogni volta che gli addetti ai lavori analizzano problemi che riguardano i ragazzi sono tutti d'accordo sul definire ciò che è diseducativo, sbagliato, dannoso o pericoloso. Dopo di che si vengono a formare istantaneamente due correnti di pensiero, la prima che propone di proibire, la seconda che sostiene che la proibizione incuriosisce e peggiora la situazione. Per carità, sono stato anch'io un ragazzino e so bene cosa sia il sapore del proibito, ma so anche che, per me, aggirare certe proibizioni era troppo complicato e rinunciavo.

    • Ora a tutti coloro che sostengono che proibire sia negativo vorrei fare una proposta paradossale, anzi provocatoria, ma che dovrebbe indurli a riflettere: lasciare libero il sesso.

      • Provate a immaginarvi cosa succederebbe nelle scuole, quindi chiedetevi se le proibizioni sono così distruttive per le menti dei ragazzi o se altresì sono la base di una formazione che permette loro di separare il bene dal male. Il permissivismo è senz'altro il metodo educativo meno faticoso ma forse sarebbe bene che i genitori, mamme-merendina in primis, cominciassero a rimboccarsi le maniche.

        • Non si possono educare i figli con la cultura dei diritti, con la cultura dell'autogestione minorile dell'etica tralasciando doveri e proibizioni.

Lei ha così ragione che, a rigor di logica corrente, non capisco lo scandalo per un caso come quello della scuola di Nova Milanese. Il preside di quella media inferiore ha detto che «è inconcepibile una cosa del genere in una scuola dove viene impartita una educazione alla sessualità non separata dall'affettività». Separazione? In che senso? Pare che i ragazzini volessero molto bene alla loro professoressa.

Nova Milanese e dintorni 2

Io guardo la televisione.
Devo preoccuparmi?

Nova Milanese e dintorni

Pensieri improvvisi
  • Mia moglie è insegnante.
  • Devo preoccuparmi?

venerdì, novembre 24, 2006

Joseph Pearce, le avventure di un uomo vivo

Ieri sera al Centro Culturale di Milano c'è stato un incontro al quale ha partecipato Joseph Pearce, giovane professore, biografo di G.K Chesterton.

  • Direi che valeva proprio la pena di esserci. Pearce in Italia è pressoché sconosciuto e di Chesterton si sanno poche cose. Forse qualcuno si ricorda - ma dipende molto dall'età - la serie televisiva di Padre Brown nel quale Renato Rascel figurava da protagonista. Non è così nei paesi anglosassoni dove si sta rileggendo con grande interesse le opere di G.K. Chesterton.

Pearce insegna in una Università privata - o libera, se preferite, negli Stati Uniti e sembrava ieri uscito da uno dei romanzi scritti da Chesterton, in gioventù una sorta di anarchico anti religioso e contro la chiesa che a 20 anni ha conosciuto anche la prigione e proprio grazie ai giorni trascorsi in cella, ha scoperto quello che sarebbe diventato il suo autore preferito. Chesterton gli cambia letteralmente la vita, grazie a lui si converte.

  • Ora il professor Pearce è uno degli studiosi più appassionati e più preparati sulla sua opera. Il professore che insegna alla Ave Maria University in Florida è autore di diversi libri come Wisdom and Innocence: A Life of G. K. Chesterton, Literary Converts, Tolkien: Man and Myth e Solzhenitsyn: A Soul in Exile. L'anno prossimo uscirà uno studio su Shakespeare che riserverà non poche sorprese agli "addetti ai lavori".
Di seguito alcune risorse che si possono trovare in rete sull'argomento.

Joseph Pearce, la sua biografia
http://www.staustinreview.com/pearce/

Il blog della associazione chestertoniana italiana
http://uomovivo.blogspot.com/

America Chesterton Society
http://www.chesterton.org/

Dove trovare e scaricare sul web le opere di G.K.Chesterton
http://www.cse.dmu.ac.uk/~mward/gkc/books/index.html

Chesterton Beato ?
l'articolo di Avvenire con l'intervista a Joseph Pearce, biografo di G.K.C
http://www.db.avvenire.it/avvenire/edizione_2006_11_18/agora.html

giovedì, novembre 23, 2006

martedì, novembre 21, 2006

OSCURAMENTI

Ho ricevuto questo comunicato stampa da un amico e volentieri lo pubblico
COMUNICATO STAMPA
Quando la libertà di pensiero fa paura, meglio ingaggiare qualche Hacker o qualche maneggione!

Certo chi non ha problemi di famiglia regolare con i figli a carico, per cui conta soltanto «l’amore», ha molto tempo per impedire con tutti i mezzi di esprimersi a chi vuole invece difendere un tipo di famiglia che invece i figli li genera e desidera educarli!

Ci è capitato questo: abbiamo pubblicato sul sito www.culturacattolica.it un intervento critico sulla fiction televisiva di Lino Banfi, Il Padre delle spose, in onda da lunedì 20 novembre 2006 su RaiUno. Abbiamo chiesto come minimo di spostare lo spettacolo in seconda serata (mentre non abbiamo chiesto di «oscurare» la fiction, come ci accusa Repubblica sul suo sito).
Abbiamo ricevuto un mare di insulti e di accuse gratuite, ma quello che è più grave un attacco al sito che lo ha reso inutilizzabile per molto tempo. Così ci ha scritto il responsabile del servizio:
«Da ieri sera il server *** è sotto un attacco DDOS che interessa solo la visibilità dei siti in rete. [...] Dopo una pausa di circa 8 ore, nelle quali avevamo filtrato tutti gli IP attaccanti, questa mattina è ripreso un nuovo attacco. I nostri tecnici sono all’opera per filtrare tutti i nuovi indirizzi IP relativi all’attacco e riportare alla visibilità i siti presenti sul server».

Ci chiediamo (e lo chiediamo a tutti coloro che ci hanno accusato di volere mettere il bavaglio a chi la pensa diversamente): ma non c’è altro modo per esprimere il proprio dissenso da chi ha altre opinioni che quello di bloccare la sua capacità espressiva? Ci hanno detto che è ora che la Chiesa non interferisca nelle questioni della vita civile, e perché allora c’è chi interferisce sul diritto degli uomini di esprimere il proprio parere? Voltaire diceva: «non condivido nulla di quanto tu dici, ma darei la vita perché tu possa dirlo». Dobbiamo essere proprio noi a ricordarlo ai paladini della libertà di espressione?

Da troppo tempo si accusano i cattolici di imporre le loro idee, e poi, quando si è a corto di idee e di ragioni, si fa di tutto per oscurare e impedire la loro capacità di presenza e di espressione.
Chiediamo solidarietà a chi ha a cuore il diritto di tutti di potersi esprimere liberamente.
Grazie di cuore. La difesa della libertà di uno significa la difesa della libertà di tutti.

CulturaCattolica.it

lunedì, novembre 20, 2006

Il muro di Sormano


Ho un amico, Alessandro, che va fortissimo in bicicletta. E' salito sul Muro di Sormano, una rampa durissima, scoperta da Torriani e utilizzata in alcune edizioni del Giro di Lombardia.
Lui l'ha salita, e non ci ha messo tanto.

Mi ha girato le indicazioni tecniche della salita e le foto scattate da un collega, Maurizio. A me piace proporvele anche come simbolo di qualsiasi cimento sportivo o no.


Per chi vuole cimentarsi in una storica impresa:
Sormano - Colma Lunghezza=1.7Km
Dislivello=280mt
Pendenza media 16-17% e max 25%

Attenzione alle scritte verniciate e alle foglie (pedalando fuori sella la ruota dietro slitta).


venerdì, novembre 17, 2006

VIBRISSE LIBRI, E LA RETE FA SBOOM

"Una vetrina on line per lettori ed editori. Nasce con questo fine il progetto 'Vibrisselibri', che ha deciso di pubblicare su internet (www.vibrisselibri.net),
testi selezionati, completi di editing, grafica e promozione di un ufficio stampa. In pratica una casa editrice "anfibia", una sorta di terza via tra le grandi potenze editoriali e gli editori medio piccoli, validi ma di nicchia".

Così ne dà conto il sito di Repubblica. E' bastato questo articolo pubblicato, di cui ne riporto una parte, per mandare in tilt il sito di Vibrisse. Troppe
le visite, eccessivo l'entusiasmo per una iniziativa che, forse, non si aspettava di travalicare la comunità dei fedeli blogger e frequentatori della rete.

Il progetto è nato da un'idea dello scrittore Giulio Mozzi e dall'adesione di altre cinquanta persone che hanno selezionato, editato e curato graficamente due opere, per il momento, "L'organigramma" di Andrea Comotti e "Una tragedia negata" di Demetrio Paolin: le prime due opere che sono piazzate sul sito internet e possono essere scaricate gratuitamente (con la formula del copyleft).

Si tratta solo dell'inizio, altre opere e altri lavori sono già in cantiere.

La neonata casa editrice curerà anche la pubblicizzazione dei libri. In pratica si trasformerà in una vera e agenzia letteraria, "per convincere gli editori a pubblicare libri già pronti, che hanno già una loro esistenza in rete". L'iniziativa
è spiegata per intero sul sito di Vibrisse.

Per il momento si registra molto entusiasmo.

Che dire? Auguri!

giovedì, novembre 16, 2006

Sul treno



Saranno due ore di viaggio. Atomo si è appuntato nella mente la durata del trasferimento in ferrovia. Questo, prima della partenza, come è ovvio. Si è preparato a dovere, portandosi il libro da casa. Se fosse arrivato con qualche minuto in più d'anticipo, avrebbe acquistato anche il giornale in stazione. Ce ne sono di edicole alla Centrale. Ha evitato di fermarsi per non perdere tempo. Non si sa mai. Basta una distrazione per perdere un treno.
Un giorno andò a Lugano. Fece una commissione, tornò in stazione nel tardo pomeriggio. Per la fretta prese il treno in corsa. L'uomo in divisa a gesticolare, come nei film, che doveva partire, quel treno. In sferruzzare di fischi, e palmi di mano aperte. E partì, infatti. Ma dalla parte sbagliata, per le intenzioni di Atomo.
Andò, andò. Verso la Svizzera inoltrata, paura; forse la carrozza sarebbe andata fino in Germania. Da Milano a Torino è più semplice. Se il treno è di quelli lenti, al massimo il viaggio dura un paio d'ore. Si capisce al volo se si è sbagliato la direzione.

Atomo sonnecchia. Guarda fuori dal finestrino e vede il lago di Lugano. Ma no, si ricorda della gente che s'affrettava, era Milano, Milano. Un budello di stazione. Gente che va, gente che viene; come, un tempo, nei grandi alberghi. Non si sa dove l'ha letta questa frase, ma funziona.

Gli vien già da sonnecchiare e il treno è partito da poco. Il libro lo ha abbandonato, vicino alle gambe. Lo sta tenendo stretto, se avesse i polmoni morirebbe soffocato. Le palpebre si abbassano e il torpore lo rapisce, se lo porta via, lento, lento, ma inesorabile. E' dolce, questo sonno. Implacabile, va contro la sua volontà.

Dopo mezz'ora, forse solo quindici minuti, lui non controlla, riprende a leggere. Lentamente. Pare a lui di leggere:"Spada di sole, s'infila tra le cose della vita, fra i muri, in mezzo alle case".

Sono le otto del mattino, di un mattino d'inverno con quella luce che non ha nulla da dire. E' un sole che non scalda ma sembra orgoglioso di esistere. Vibrante, a suo modo lo è. Come una lama, quindi,trafigge l'asfalto dei marciapiedi e s'infila tra gli interstizi lasciati liberi dalle case, si apre fra gli ampi spazi lasciati dagli edifici, le case slanciate con ambizioni, quasi, di grattacieli. E il raggio vien su dal basso orizzonte. E' un dardo, una saetta, talvolta.

E' l'ora in cui Atomo ha vaga percezione d'esistere, eppure assapora la vita che irrompe. E' una frazione di tempo, difficile da misurare; ci vorrebbe una strumentazione raffinata. Occorrebbe possedere una macchina frutto del lavoro di scienziati per acchiappare l'istante. Solo un super esperto di nanotecnologie ce la potrebbe fare.

Un barbaglio di luce trafigge il mento di Atomo, questo spesso succede al mattino. Talvolta, non è barbaglio che offusca la vista, ma splendore pieno di luce. E' un attimo. Non è il milanese tran, tran, - tram tram - quello del treno. E' un cullare sì, brusco e dolce, unatenerezza di viaggio che ti ributta sulla branda legno, branda branda, legno legno. Atomo, svegliati? Devi leggere. Devi finire quella pagina. Sonnecchia, invece, e gli viene un'immagine come di sogno: lui è sulla slitta che sembra il dottor Zivago. Forse è a Cracovia e sta per raggiungere una Lara.
(continua)

BLOCK NOTES

APPUNTAMENTI

BRUNO PISCHEDDA
Il critico Bruno Pischedda interviene alla presentazione del suo libro. Con lui anche Giuseppe Genna
e Stefano Salis
MILANO, VIA MANZONI 12 Venerdì 17 novembre, ore 18:00
METTERE GIUDIZIO DI BRUNO PISCHEDDA

G.K. CHESTERTON
Giovedì 23 novembre incontro con Joseph Pearce, professore di letteratura Ave Maria University, Florida, autore di biografiesu G.K. Chesterton e sui grandi convertiti inglesi.il titolo dell'incontro organizzato dal Centro Culturale di Milano è: La ragione, il mondo moderno e Padre Brown.
coordina Roberto Persico di Tempi

GIUSEPPE BRAGA
Giuseppe Braga autore del libro "E tu lo conosci Joyce?" (Sironi) lo presentera'il 24 novembre, a Milano, presso la libreria Linea di Confine, in via Ceriani 20, alle ore 21.00.
Il 25 novembre nell'auditorium S. Michele in via Roma 68B a SelvazzanoDentro (Padova), un'altra presentazione nell'ambito degli incontri "Incontro con l"autore - la scrittura altra", ore 21.00.

mercoledì, novembre 15, 2006

Atomo, quasi Atomar

Atomo prende il treno. S'infila nella carrozza di seconda classe, un quarto d'ora prima della partenza. Si accorge, ora, che ha quarant'anni, e sente addosso anche un po' di umidità. Poiché sapeva di andare a Torino, la sera prima aveva rovistato nella libreria della materna alla ricerca di un libro adatto al viaggio. Ha pescato nel mucchio in una libreria dozzinale, comprata in un grande magazzino. I libri sono stati infilati da qualcuno in terza fila. Poiché non c'è un criterio di classificazione, è quasi impossibile trovare in un lasso di tempo ragionevole l'autore desiderato.

Dalle sue rimembranze scolastiche pesca la carta "Calvino". Gli ricorda qualcosa di tracciato bene, come le strade di Torino, del resto fa anche rima. Ma trovare l'autore nelle carte della materna, non è affatto semplice. Intanto bisogna farsi largo fra la raccolta dei testi delle encicliche papali e i tomi di storia della spiritualità femminile che portano via un sacco di spazio. Non sono assenti, nemmeno, i testi dei cardinali di Milano, ma non sono ordinati, per data o autore, e quindi manca un criterio intelligente per leggerli. Qui uno Schuster, là un Martini. A confondere il tutto anche i testi che erano rivolti ai bambini.
Poi i classici, dio mio. I classici se non sono ordinati, creano confusione al lettore. In prima fila, schierati a batteria, i manuali di cucina; primeggia "Il talismano della felicità" e, vicino, Petrolio, scritto da Pasolini, niente a che fare con il mangiare bene. Superate tutte le difficoltà, e facendosi largo come uno che entra nella giungla e sposta le foglie intralcianti il cammino, afferra infine una raccolta di racconti di Italo Calvino.

Si avvicina con il testo alla luce fioca della lampada della sala, apre con aria furtiva le pagine del libro e si ritrova, per puro caso, a leggere le avventure di Palomar. Ma proprio perché è una lettura "a caso", attacca il secondo capitolo, dal titolo "il seno nudo". Tiene le pagine incollate al suo golf.

Dopo poche righe è turbato e smette. Va a dormire.

L'indomani, sul treno, pochi minuti dopo la partenza, tira fuori il libro da una borsetta di pelle nera. E legge.

Questa volta inizia il libro dal primo racconto: "Il mare è appena increspato e piccole onde battono sulla riva sabbiosa. Il signor Palomar è in piedi sulla riva e guarda un'onda".

Atomo si ferma. Guarda fuori dal finestrino. Riprende la lettura. Dopo una pagina e mezza si distrae ancora. Guarda il controllore che arriva dal fondo dello scompartimento. Si accorge che è una donna. Fa finta di riprendere la lettura. La signora in divisa chiede i biglietti. Atomo infila una carta di caramella fra le pagine, per tenere memoria di dove è arrivato. Fruga in una tasca e poi in un'altra. Non trova il suo biglietto. Poi si ricorda, forse è nella borsa. Vero.

E' una delle sue insicurezze, quando va in treno si sente perso, perché ha paura di smarrire le cose, portafogli, monete, biglietti sia quelli della metropolitana, sia quelli del treno.
La signora delle Ferrovie se ne va, allegra ma senza scambiare una parola. Atomo riprende a leggere. Afferra la carta delle caramelle. Si accorge che è sgualcita, e la infila nei pantaloni. Vorrebbe buttarla, ma non sa dove.
Forse la signora delle Ferrovie non era allegra.
(continua)

martedì, novembre 14, 2006

Frammenti atomiani 2. All'ombra degli elefanti

"Il concerto lo organizziamo nel centro di Torino, in via delle Orfane 15, nella chiesa del monastero delle Clarisse".
"Forse non posso, però domenica".
"E perché?"
"Devo aiutare mia madre".
"Oh bella, ti sei messo in affari con lei?".
"Sta dando una mano alla cooperativa di papà"
"O cavolo, un business di famiglia"
"Beh, poi c'è anche la pastora. Ti ricordi? Quella che ha pronunciato l'orazione funebre al funerale di mia nonna".
"Non c'ero in chiesa. Comunque ti seguo. Vai avanti"
"Beh, mio padre, vende carta. Oggetti belli da cartoleria. Carta da regalo, segnalibri. Arriva dall'India. Là hanno gli elefanti".
"Gli elefanti? Non capisco".
"Dunque, mo' ti spiego. C'è una azienda che porta avanti il progetto. E' in India, là in India hanno gli elefanti"
"E fin qui ti seguo."
"Gli elefanti mangiano tonnellate di erba e vanno spesso in bagno".
"Quando parli non dici mai cose volgari".
"Bene, quel po' po' di roba espulsa viene buona per produrre dell'ottima carta. Il 75 per cento è fatta in questo modo, il rimanente è carta riciclata. Basta dipingerla, il risultato è una meraviglia. Mio padre è stato anche in fiera a Bologna, e ha fatto conoscereil giro il progetto. Hanno iniziato ad interessarsi della cosa anche qualche giornale e un paio di televisioni locali. Vedrai, questo progetto ha un futuro".
"Vabbe', siete impegnati. Non puoi venire al concerto. Per colpa degli elefanti, suppongo".

Trin, trin. O qualcosa che ci assomiglia".
"Sono ancora io, Atomo"
"Hai un mancamento?"
"Non ancora. Ma giro sempre con i sali. E l'aceto. Non si sa mai".
"Allora? Puoi venire a sentirmi, domenica?"
"Si, saltato tutto, dall'altra parte. La macchina che trasforma la roba degli elefanti è andata in tilt e per questo mese, sono parecchio in ritardo. Mio padre ci ha detto di rilassarci e mia madre ha deciso di andare ad aprire una chiesa a Milano. E' una chiesa sconsacrata che viene usata per gli incontri ecumenici"
"E tua madre che cosa c'entra?"
"Ha le chiavi".
"Il concerto inizia alle 5 del pomeriggio. E' l'ora del thé. A Torino hanno queste usanze. Signore e signori s'incontrano, si scambiano due chiacchiere, bevono un bicchierino e..."
"E..."
"E..."
"Va, beh. Non ho capito nulla di ciò che fate a Torino. Quindi prendo il treno dalla Centrale, arrivo a Porta Nuova, faccio dieci minuti a piedi e sono arrivato in via delle Orfanelle. Ho controllato sulla cartina".
"Suono con la mia insegnante. Vedrai, ti piacerà. Pezzi classici con la chitarra e anche il mandolino".
"Ciumbia, che bello".
"Sapevo che ti sarebbe piaciuta la cosa"
"Ma che cosa sento? Stai suonando?"
"Non perdo tempo, io. Ricordati: sono Rockabilly".

(continua)

Frammenti atomiani

"Ho un mancamento..."
"Prego? Ah, ho capito, le passo mio marito.Tieni, è per te.
"Ho un mancamento..."
"Carisssimo. Dove sei? Cosa fai?"
"Son tornato a Milano"
"Davvero?"
"Lavoro in un negozio"
"Davvero?"
Di dischi".
"Ma guarda".
"Concerti?".
"Acqua passata".
"Sei ancora gay?"
"Mai stato. Adesso ti rompo il muso se continui la solita tiri tera. Sento il noto rumore, di sottofondo".
"E' musica, tesoro. Ricordati: il mio nome è Rockabilly".
"Hai fatto carriera?"
"Beh, aiuto vice preside. E poi ho messo su una banda, con le più grandi della scuola"
"Il nome? Spara il nome"."Tequila bum bum".
"Ma guarda".
"Ma senti".
"Ma che pirla che sei!"
"E il crescendo rossiniano?"
"Quello sempre nel cuore, nel petto. Tutto dentro. Anzi, ti dirò di più. Ti invito al mio concerto, lo faccio a Torino con la mia insegnante, quella storica del conservatorio. Lei dice che bisogna permanere nel virtuoso"
"C'è nebbia a Torino?"
"Ma cosa dici?"
"Sì è vero, vedevo brume anche sulla costiera amalfitana. Ti ricordi?"
"Ma allora, vieni al concerto?"
"Dammi le coordinate, torinese".
"Prendi il treno, innanzitutto".
"Innanzitutto".
"Che fai, ripeti?"
"Perché? Non posso?".
(continua)

lunedì, novembre 13, 2006

Vibrisselibri. come pubblicare passando dalla rete

Il 16 novembre 2006, alle ore 11.30, a Roma presso il Caffè Fandango (Piazza di Pietra 32/33), si svolgerà la conferenza stampa di presentazione di vibrisselibri.

Partecipano: Lucio Angelini, responsabile del Comitato di lettura; Gaja Cenciarelli, responsabile della redazione; Giulio Mozzi, ideatore di vibrisselibri; Demetrio Paolin, autore del saggio Una tragedia negata pubblicato da vibrisselibri; Filippo La Porta, critico letterario.

L'iniziativa sarà presentata 12 dicembre a Milano presso la Libreria Feltrinelli di Via Manzoni (ore 18).

Se vuoi saperne di più sul progetto, allora vai a questa pagina:
http://www.vibrisselibri.net/

ATOMO, oppure: "Fulgidi amori, ameni siti e perigliose cacce"

Blogodramma a puntate. L'avventura continua.

Il manoscritto sulle perigliose, picaresche, improbabili avventure di Atomo sta pian, piano, girando fra amici, conoscenti e qualche collega di lavoro. Mentre nel frattempo il tomo è arrivato in copia unica o in doppia copia a quattro distinte case editrici per la lettura. Facendo due calcoli, poiché non conosco direttamente nessuno nell'ambiente, le prime risposte, positive o negative, potrebbero arrivarmi non prima di Natale. Così affermano - mettendo abbondantemente le mani avanti - le case editrici nei loro siti.
C'è anche un misterioso agente letterario che si sta dando da fare per interessare altre due case editrici editrici, che chiameremo N. e M.

Non è facile interpretare il sistema editoriale. Si va avanti per tentativi. Si legge, si prova ad acquisire informazioni e conoscenze sui meccanismi e le persone che sovraintendono, ma la sensazione, alla fine, rimane sempre quella: è come buttare una bottiglia nel mare e sperare che, prima o poi, a qualcuno venga il desiderio o la curiosità di raccoglierla. Buttare un sasso nell'acqua e attendere.

Le letture "casalinghe" hanno dato buoni riscontri, cioè, in sostanza, lo scritto è piaciuto. Ho come due tipi di lettori davanti a me: chi è già in qualche modo coinvolto nel mondo editoriale e chi, invece, è distante dalla "macchina", dalle redazioni editoriali, dal mondo giornalistico o letterario o altro ancora. Una persona che conosco bene, e che in questo mondo ci vive e lavora, si è appassionata alla lettura delle gesta di Atomo. Mi ha scritto anche delle note a lato del testo, in matita. Ho seguito i suoi consigli; c'era, in particolare, un discorso nel quale ho un po' pasticciato e non si capiva bene a chi attribuire i discorsi diretti. Ma, nel complesso, le correzioni da "editor" sono state molto discrete (usata la matita) e professionali.
Un altro lettore, questo invece appartiene alla categoria, diciamo così, dei "non addetti ai lavori", lo sta leggendo da un paio di giorni ed è già oltre la metà. Ho scambiato due parole con lui e mi sembra abbia capito, nel senso che è stato investito bene dal senso della storia, dai primi due capitoli. E' un lettore attento, che dà molte soddisfazioni perché coglie le sfumature; ha capito, per esempio, che ci sono dei "non detto" che rivelano qualcosa, episodi abbozzati che non si sa bene come si svolgono, dove vanno a parare, ma tutto è compreso in questa storia, funzionale allo spirito dei personaggi. Mi ha detto questa mattina che ci sono un paio di cose molto interessanti in questo racconto e me parlerà. Ho capito anche che ha anche delle critiche o, semplicemente, delle cose che mi vuole dire. Sentirò, ascolterò. Sono molto interessato a quanto mi dirà. Penso che entro la fine di questa settimana, terminerà la lettura.

Per quanto riguarda l'agente letterario, bisogna che faccia bene il suo mestiere. Ogni tanto telefonare per sapere come va, ma senza esagerare. Ad interposta e fidata persona. Si attendono tempi lunghi. Come vedete si deve tessere la tela.
(continua)

venerdì, novembre 10, 2006

La squadra scomparsa, giallo per ragazzi


Il calcio e un gruppo di ragazzi che sparisce nel nulla. Ci sono gli ingredienti sufficienti per scrivere un libro appassionante. L'autore, Roberto Perrone, è un giornalista del Corriere della Sera, che scrive di sport e che ha iniziato la sua carriera al Giornale di Montanelli. Oggi è anche il cronista sportivo di riferimento per il settimanale Tempi. Se vedete aggirare una figura tonda e piena dalle parti di via Solferino, allora è proprio lui.

La trama: i ragazzi della squadra milanese della Matrone sono invitati a partecipare a un torneo internazionale in Spagna. Durante il torneo, l'intera delegazione dei nigeriani svanisce nel nulla.

Si apre così un appassionante caso poliziesco su cui un aggiungo altro per non togliere il gusto della lettura...Perrone non è nuovo alle fatiche di penna. Con il suo Banana Football Club, la prima avventura dei ragazzi della Matrone, ha vinto il Gigante delle Langhe 2005.
Foto: Fabbri Editore

(Angelo De Lorenzi)

martedì, novembre 07, 2006

Dai tetti in giù

Pubblico il commento che ho inserito sul sito http://www.vibrissebollettino.net
che ospita l'intervento di Ferruccio Parazzoli nel fascicolo 5/2006 della rivista Vita e pensiero dell'Università Cattolica di Milano

Io ho cominciato a girare per metropolitane e per piazze e guardo le facce, e annuso la gente, specie quella che non è elegante. E alla sera inizio a scrivere. Guardo il Duomo e mi sembra che ci sia un'analogia fra l'idea di base di quell'architettura che l'ha generata (tante guglie, santi, volti, taluni nascosti alla vista) e la gente che, sotto, cammina, staziona, passeggia.

Non so come andrà a finire.

Quando avrò iniziato a ordinare un po' il materiale, vorrei parlarne con lei, Ferruccio Parazzoli, che non conosco e sapere che cosa ne pensa.

Oggi ho visto tre zingarelle in metropolitana, in stazione centrale, che hanno scoperto un abile stratagemma per ricavare qualche euro a fine giornata.

lunedì, novembre 06, 2006

NOVE, otto, sette, sei...

Come accade per ogni aspirante scrittore, la partecipazione a presentazioni, aperitivi e quant'altro s'impone ed è un must. Specialmente all'inizio, quando hai voglia di uscire dalla clausura che ti ha costretto la rifinitura del lavoro.
Ho voluto affrontare la cosa di petto e, almeno tentativamente, con raziocinio. Così ho partecipato ad una serie d'incontri organizzati a Milano dalla Libreria Feltrinelli dal titolo "Come rimetterci le penne" e che sembrava fatto apposta, anzi lo era, per aspiranti autori. La titolazione degli incontri non era affatto ben augurante, anzi. Tale, quasi, da far desistere il poveretto scrivente.
E invece... Invece l'ardore che permane e prevale e persiste e insiste, evita la ritirata. Fa andare avanti, come andare al fronte, o quasi.

Chiuso il ciclo (ve ne parlerò) la mia attenzione si è posata su altri incontri, disgiunti da cicli tematici particolari. Uno di questi, li cito in ordine sparso, riguardava la presentazione di un romanzo, Il Cristo Elettrico, scritto da Lello Voce, cinquantenne poeta, poeta di professione, poeta professionista (e con un nome del genere che cosa poteva fare diversamente?), ma sì, proprio così, forse si può addirittura campare con la poesia. Il personaggio di richiamo - devo ammettere che non conoscevo Lello Voce - era Aldo Nove. Ora devo stare attento a come scrivo e cosa scrivo. Prima o poi i citati ti leggono, sul web. Ci sono i motori di ricerca ed altre diavolerie di Google che ti avvertono quando compare il tuo nome nello spazio virtuale del www.

Quindi, attento alle citazioni, se scrivi il titolo di un romanzo, non sbagliare, non confondere i tomi, non fare tuttaquella gran confusione che in testa è lecita, ma scritta può trasformarsi in un boomerang. Beh, che dire? Mi aspettavo un Aldo Nove più Cannibale, anche nel vestire. Le foto che girano sono una cosa, la realtà è un'altra. Nove, leggermente abbronzato, curato nel vestire, oserei dire elegante, mi ha fatto venire in mente un giovane insegnante di filosofia di qualche liceo bene della città.

l'incontro, comunque, al di là delle note di colore, è stato molto interessante. Secondo me vale la pena darci un'occhiata. L'autore ha citato Manzoni in un contesto che non sembrava presagire nulla di "cattolico", o di letteratura "cattolica". La storia raccontata riguarda un drogato, l'Egidio, ma è l'idea, piuttosto, un giudiziosull'intellettuale di oggi che, appunto, ha una patologia da dipendenza. Ma il punto era: andare a parlare oppure no con Aldo Nove? Raccontargli del mio romanzo? No, non ce l'ho fatta. Ho preferito ascoltare. Imparare. Ci sarà tempo, forse, per parlargli.

(p.s. Aldo Nove è il curatore di una collana per Tea)

Il sito di Lello Voce
http://www.lellovoce.it/
Il sito di Aldo Nove http://www.aldonove.com/
(continua)

lunedì, ottobre 30, 2006

Caccia all'EDITORE 4. Blogodramma a puntate

DUE O TRE COSE CHE AVVENGONO IN COPISTERIA

Ho scritto il libro utilizzando sia la penna bic, sia il computer. Gran parte della scrittura è avvenuta direttamente a computer ma, talvolta, ho ricorso anche al classico quadernetto. Ciò che scrivo con la penna, ho una predilezione per la bic blu punta morbida, poi riporto a computer. Scrivo sia in un modo, sia nell'altro, solo per ragioni pratiche. Utilizzo la biro, quando sono via da casa, in vacanza e non ho con me il computer. Ciò che si imprime sulla carta è spesso solo un appunto, un semi lavorato, mai la forma definitiva del lavoro; questo perché ho una pessima calligrafia e quando mi rileggo fatico a capire tutto ciò che ho scritto. Da una parte è un vantaggio; mi permette, tutto ciò, di migliorare, ampliare e dilatare ciò che mi è venuto in mente in prima battuta. Per certi passaggi, particolarmente"pensati", concettuosi o difficili, vale la pena ricorrere alla biro.

Il computer tende a sveltire. E' ottimo per i dialoghi, le frasi sincopate.
Bene, riportato tutto a Pc, nella sua memoria, arriva il momento di stampare su carta. A casa possiedo un personal computer e un portatile male in arnese che ormai non uso più. Non ho la stampante e non mi collego ad internet. Quasi fuori dal mondo, insomma. Non chiedetemi ragioni di questo comportamento, perché riceverete solo risposte contradditorie. Per stampare il mio malloppo, quindi, ho cercato una di quelle copisterie dove fanno fotocopie e stampano pubblicazioni varie a uso ufficio o per gli studenti universitari. In una città come Milano, se ne trovano in grande quantità. E così, sfruttando il tempo dell'intervallo dal lavoro, vado in una di queste copisterie, che si trova poco lontano dall'ufficio.
Andare: in prima stesura ho scritto "mi piombo", per dire che il sentimento che provi assomiglia alla smania, già, di vedere la pubblicazione del lavoro. Quindi ti precipiti, una volta che finalmente consideri chiuso il lavoro di scrittura e rifinitura del testo, in un posto che ti permette di stamparlo.
Nella copisteria che frequento ci lavorano due persone, due uomini. Uno è alto e allampanato, con gli occhiali, penso sui 45 anni di età, che ha ancora nostalgia del mondo hippy, per come si veste. L'altro è tarchiato, nero di capelli, direi che potrebbe avere genitori e parenti napoletani. Ha lo sguardo un poco furbo, ti guarda di nascosto e ascolta le tue parole mentre parli con il collega.

Gli consegno la chiavetta, dentro c'è il file del romanzo assieme a cartelle ed altri files che appartengono ad altri lavori e documenti. Ma il libro è quello lì. A complicare la vita nella stessa chiavetta, ci sono anche un paio di versioni precedenti del romanzo. Facile confondersi e stampare il testo sbagliato. Così mi devo avvicinare al computer del napoletano e rintracciare il file giusto, quello che mi interessa. Non gli dico che cosa è, anche se vorrei spiegargli che ci tengo molto e che un giorno - spero presto, per dio - potrebbe essere pubblicato da un editore.

Sì, è un romanzo. Un romanzo. Intuisco che i due lavoranti stampano di tutto e se gli dicessi il tipo scritto attorno al quale stanno trafficando, non ne riceverei in tutta risposta una particolare reazione. Quindi, preferisco tacere e farli lavorare. Un lavoro che che mi costa qualcosa come 5 euro a copia. Ne faccio fare un po', due o tre alla volta. Ci ritorno tre volte. Un discreto investimento. La parte creativa dei due, consiste essenzialmente nel propormi il tipo di rilegatura del fascicolo. Il più alto mi propone una fascetta a caldo che avvolge il dorso del volume. Posso scegliere il colore della fascetta. A seconda della casa editrice o del lettore al quale mando il manoscritto, decido per un colore. Opto per la fascetta rossa e per quella verde. Ma per una copia dello scritto scelgo il giallo, che è in tono con il titolo. Questa dovrebbe essere la mia copia personale. Poi vi racconterò che anch'essa, in realtà, andrà a finire da un editore. Un editore grande, strutturato. Speriamo che il giallo porti bene.

Ma torniano in copisteria, dai due. Un giorno capito in serata, mancano cinque minuti alla chiusura. Ho fretta di una copia. Il "napoletano" mostra tutta la sua umanità. Si toglie la giacca, e si rimette al lavoro. Mi prende la chiavetta e la infila nel computer. Poi deve andare in bagno, mi dice diaspettarlo in negozio, lui va nel bar vicino. Io son soloin copisteria, arriva un americano. Mi chiede se il negozio è aperto, farfuglio qualcosa in inglese ma mi faccio capire. Adesso siamo in due davanti al negozio. Poi arriva anche una ragazza. Adesso siamo in tre. Il napoletano arriva, gli sono riconoscente, vorrei baciarlo sulla fronte e raccontargli - ho una voglia matta didirglielo - che sta collaborando a far uscire un romanzo. Mi trattengo. Aspetto con calma la stampa del manoscritto.

Mi dice, come al solito, di aspettare dieci minuti prima di sfogliare, di aprire le pagine perché deve far presa la fascetta a caldo. Infilo il tomo in una busta bianca e lo metto dentrola mia borsa che uso per andare in ufficio. Domani andrò in posta e lo invierò all'editore con una raccomandata con ricevuta di ritorno.
Continua

venerdì, ottobre 27, 2006

Caccia all'editore 3 URGE ATTENDERE

Blogodramma in divenire
Ma veniamo a bomba. Ho scritto un romanzo. Parla di un tipo, si chiama Atomo. Il genere è picaresco. Spunti autobiografici e biografici qua e là. Richiami, mica poitanto velati, al parentame. Cugini, nonni, zii, materne, fidanzate vicine e lontane. Un archivio di storie surreali, patetiche, eccetera, eccetera. Brani ricuciti e legati, intrecciati e intessuti.Ce n'è per tutti i gusti. Ora taglio un sacco di passaggi, che poi riprorrò condovizia di particolari. Bene, scritto il romanzo inizio a spedire una copia a 3 case editrici:
Aliberti
Fernandel
Sironi
Le ho scelte con scelte con cura. Volo non troppo alto. Come sempre. Però mi sembra di fare una scelta buona e accurata. Sono case editrici che aprono agli esordienti. Mi dico: hanno una buona distribuzione. Per Sironi, mi dico: Giulio Mozzi! E' un personaggio, un talent scuot. Sicuramente vedrà, capirà se dentro questo mio lavoro c'è del talento, oppure no. Con Sironi sono riusciti a decollare alcuni bei nomi delle lettere italiane.
Un nome? Tullio Avoledo che è stata una bella scoperta rifiutata a ripetizione, prima, da quattro o cinque altre case editrici, se non di più. Con Sironi fa il boom. Il suo "Elenco telefonico di Atlantide" riesce a vendere un sacco di copie. In barba ai cosiddetti grandi editori che lo avevano rifiutato. Con Mozzi provo un contatto umano. Gli spedisco una e mail. Ma non risponde. Forse perché in quei giorni era in viaggio, molto lontano dall'Italia e la posta non la controllava. Giusto per dirgli che gli avevo mandato un tomo, che lo leggesse. Mozzi, poi, è una figura carismatica della rete con il suo http://www.vibrissebollettino.net/, e quindi uno se lo immagina come un agit prop letterario, un infaticabile animatore culturale, e un talent scout, tout court.
Al tomo si inserisce, di norma, una lettera di accompagnamento e un curriculum breve, sintetico. La scelta della misura è quella che conta. Se è troppo lunga non te la leggono. Figurarsi, già c'è la fatica di leggersi tutto il romanzo! Se la lettera di accompagnamento è troppo breve, comunque non serve. Sia chiaro, non ci sono regole precise. Ciascuno fa come vuole. Poi esistono i manuali che ti spiegano come fare. Ma per questi, relazionerò in un altro post.
Segue

giovedì, ottobre 26, 2006

Caccia all'editore 2 blogodramma in divenire

Informe e sformante questo racconto nasce come il soufflè, si gonfia sul web a seconda degli accadimenti di giornata. E speriamo che non si sgonfi.

Ora è g. che bussa alla porta del virtualnovelliere, per entrare nel novero dei personaggi abbozzati. E ne ha diritto. A lei è venuta l'idea di buttar sulla carta - pardon - sul video, il blogodramma in divenire che dovrebbe, dico dovrebbe, ruotare attorno al tema della ricerca di un editore per un manoscritto (del sottoscritto) scritto (w le ripetizioni) nell'arco ditempo di due anni.

Chi è g ? Appunto. Chi è g.? Per saperne di più bisogna traslocare su quest'altro indirizzo
http://zulawskiego5.splinder.com/, ma non fatelo ora, fatelo dopo, quando termina il post. Ma fatelo. Oggi è stata aggredita dalle maleparole di un disturbatore virtuale, un sabaudo, un sabotatore d'idee, ingegno e creatività che ha visitato di recente il blog di g.

Chi è g.? Non lo so, non l'ho mai vista in faccia. Forse è una giovane mamma che trascorre i pomeriggi a cuocere pop corn per le sue bambine in un appartamento di Cracovia, Polonia.

L'ho incontrata per caso in forma mediata sul suo blog, dove ci sono capitato per caso, come scivolare su una buccia di banana, senza farsi male: un sito casa, un sito appartamento, un sito sito, che regala confidenze domestiche, fra malattie di inquilinette, distacchi strazianti del padre delle fanciulle che va in giro per l'Europa (a far che cosa? Non si sa) e una g. che in precario e virtuoso bilico fra ironia, nostalgia, racconto succoso delle quisquilie della vita - un gradevolissimo lessico familiare - forse cerca di terminare la scrittura di una tesi. Ha nostalgia di Firenze?

A complicare ed arricchire la saga familiare, in diretta presa web, una storia di spostamenti nel vecchio continente, fra Toscana, Cracovia e Berlino. La prendo alla larga, con la digressione offerta dagli spunti del quotidiano, che sono improvvisi e imprevisti. G è curiosa. Vuole sapere come sono fatti gli agenti letterari e come si comportano. E le agenzie letterarie, sì. E gli scrittori, gli scrittori. Sì, gli scrittori. Pausa.

Per iniziare il racconto quindi; finito di scrivere il mio romanzo (sono circa 230 pagine), ho affrontato il problema della pubblicazione. E mi sono trovato impreparato. Per terminare lo scritto mi son dovuto rinchiudere in casa, sfruttare tutto il tempo libero dagli impegni di lavoro tradizionale. Chiudere il cerchio, finire la scrittura, depurare il tutto da refusi e ripetizioni, passando il testo a mia moglie che ha fatto il lavoro duro di setaccio e poi dato suggerimenti e poi detto che alcuni passaggi richiamavano Svevo, e poi detto di stare attento per conseguenze, possibili liti familiari a tomo pubblicato.

Quindi lavoro e vita sociale ridotta al lumicino. Per pubblicare, invece, bisogna saper coltivare, e coltivare, anche qualche amicizia nell'ambiente. Frequentare l'ambiente. Luglio se ne è andato a imbiancare la casa. Un pezzo di agosto l'ho usato per dare gli ultimi ritocchi al romanzo, poi mare con figli, secchiello, palette e tutto il resto e agli inizi di settembre una ripassata finale al tomo.

(continua)

mercoledì, ottobre 25, 2006

CACCIA ALL'EDITORE 1 blogodramma in divenire


Scritto un libro. Inizia il bello. O il brutto, se volete. Sarà capitato anche a voi...di avere un romanzo nel cassetto. Una raccolta di novelle. Un elzeviro. Un florilegio letterario o, magari, solo una lettera mai spedita alla vostra ex spasimata amica polacca, con dignita di pubblicazione.
Sarà capitato anche a voi. Prima o poi capita. Mica di avere fidanzate o imparentamenti nelle periferie cracoviane. Più modestamente, magari solo un libro da pubblicare.

Carta, carta, carta. Carta canta. Scrivere nel web è come divertirsi a elzevirare sulla spiaggia, ma al primo refolo di vento, al primo solerte bagnino, si spazza via tutto. Via il secchiello e le palette, a casa! La carta - invece - resiste.

Ma farsi pubblicare qualcosa non è per nulla facile. Eppure è come la seduzione del maligno, l'abbaglio del sole in faccia che incendia l'impresa. Provarci. Bisogna provarci. Magari, come scrisse Manzoni Alessandro, il Manzoni, se preferite, si scrive per quei 25 lettori. Ma sarà valsa la pena.

Quindi darò conto, da ora in poi, e vergherò, da ora in poi - su questo blog - l'impresa ardimentosa della caccia alla pubblicazione. Fingo di essere un esordiente, perché in realtà un paio dilibri li ho pubblicati, ma non erano di narrativa, non erano romanzi, direte voi. Quindi, nella misura in cui si dilaterà l'attesa per la pubblicazione del mio libro, s'accrescerà a dismisura il racconto sul blog. Spero di finire questo racconto in un paio di settimane. Spero.

Personaggi principali del blogodrama in divenire a puntate:
case editrici alle quali inviato il manoscritto
agenti letterariamiche e amici degli agenti letterari
responsabili delle terze pagine dei quotidiani nazionali
scrittori in carne ed ossa (rivali o alleati?)
lettori occasionali del manoscritto
lettori professionisti del manoscritto
frequentatori di scuole di scrittura
parenti stretti
parenti larghi
parenti serpenti (naturalmente)

venerdì, ottobre 20, 2006

Salvate il Sergente nella neve

A Milano si direbbe: ciurlare un po' nel manico. Ovvero ritardare, temporaggiare l'azione. Quello che andava fatto era informare. Questo dovrebbero fare
i giornali. E invece non è stato fatto, preferendo montare la panna, come si dice in un certo sotto gergo giornalistico.

Oggi un importante quotidiano a tiratura nazionale tira in ballo un libro importante, il Sergente della neve" scritto da Mario Rigoni Stern, un long seller che fece conoscere al mondo la ritirata in Russia degli alpini. I due articoli ospitati nella cronaca lombarda a pagina 13 di un importante quotidiano a tiratura nazionale, trattano l'argomento del titolo del romanzo che, come ricorda lo stesso Mario Rigoni Stern, intervistato dal giornale, fu scelto da Elio Vittorini in persona. Qualcosa come 53 anni fa.

Bene, secondo quanto scritto dal quotidiano Il "Sergente nella neve" non è un milite ignoto, o un personaggio immaginario. No. Spunta oggi la testimonianza del figlio di Francesco Minelli che rivela, sembra per la prima volta: "Mio padre, Francesco Minelli, era il "Sergente nella neve", raccontato da Mario Rigoni Stern". Mai un'uscita pubblica, una dichiarazione. Un segreto custodito nel segreto delle quattro mura di casa da condividere, forse, con il nipote dell'alpino di Rovato che, partito per il fronte russo nel luglio 1942, arruolato nella 55esima Compagnia del VI Battaglione Vestone della Divisione Tridentina, morì all'inizio di febbraio 1943 poco dopo la sua cattura a Nikolajevkna.

Secondo la testimonianza di Giancarlo Minelli rilasciata al Corriere, "Rigoni Stern
vide mio padre agonizzare nella neve. Fece di tutto per dargli animo e farlo
reagire, pur sapendo che la morte lo stava portando via. "Il sergente nella neve" è stato il miglior omaggio che il babbo e tutti gli alpini potessero ricevere.
Di questa notizia, non esiste una prova. Tutto si basa sulla parola del figlio.
Forse una convinzione interiore che ci piace lasciare al protagonista in seconda battuta di questa grande tragedia e storia. Ma il giornale no, poteva fare a meno
di gonfiare la storia. Ok. Il Sergente della neve è stato un soldato in carne e ossa.

Fuori le prove. Come se non bastasse, la spalla, con l'intervista allo scrittore,
non aggiunge una certezza in più a sostegno della tesi.
Ma non fu Vittorini a scegliere il titolo? E in base a quale criterio lo scelse? Aveva in mente un personaggio, una persona, in particolare?

Questo vorremmo sapere da un giornale a grande tiratura nazionale.

martedì, ottobre 17, 2006

Sedaris? Come il mascarpone al cioccolato


Leggere i racconti di David Sedaris fa lo stesso effetto, per me, che degustare il mascarpone con il cacao e lo zucchero, un intruglio ipercalorico e gustosissimo che all'inizio inebria, assapora al punto da soffocarti. E' per questo motivo che, probabilmente, uno come Sedaris bisogna prenderlo a piccole dosi e solo quando serve.
Di questo autore, americano e greco di origine, i risvolti di copertina così recitano: "la comicità soave, crudele, disincantata, intelligente e terribile di questo eterno ragazzo offre la più irresistibile chiave di lettura dell'assurdità del mondo d'oggi". Si può essere d'accordo su questa frase, su quasi tutta la frase, specialmente la prima parte. Che il mondo sia assurdo, poi, andrebbe dimostrato. Di certo questo scrittore ce lo mostra così, questo globo, dalla prospettiva della vista dei suoi occhiali.
Di certo, alcune frasi sono imperdibili, di conio originale. Per esempio, tratto da "Me parlare bello un giorno (Mondadori):

"Per chi ci vive, è sempre salutare osservare Manhattan da una certa distanza. Vista da vicino la città appare come un opprimente cumulo di scale, ma da lontano ispira fantasie di ricchezza e potere così profonde che persino i comunisti talvolta restano senza parole".

Oppure: "A differenza di mio padre, che sfornava tele a raffica e senza il minimo criterio, io avevo idee concrete su come dovesse essere la vita di un artista. Seduto alla mia scrivania, con in testa un baschettino stretto quanto il cappuccio di una ghianda, mi immergevo nel mondo dei libri d'arte presi a prestito dalla biblioteca pubblica".

note di Angelo De Lorenzi

venerdì, ottobre 13, 2006

IL SENSO DELLA LIBERTA’

Sul sito di Tommaso Farina potete trovare il testo della petizione on line a favore del padre: si tratta della richiesta all’Ordine dei Giornalisti di revocare “l’incredibile sospensione di 12 mesi comminata a Renato Farina”.
Ed ecco ecco l’anticipazione del testo
To: Al presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, professor Franco Abruzzo

Aderisco alla raccolta di firme per protestare contro la decisione dell’Ordine dei giornalisti (28 settembre 2006) della Lombardia di infliggere la sospensione a Renato Farina con una motivazione assurda. Farina infatti non ha affatto tradito la professione giornalistica, né ha compromesso la sua dignità aiutando la lotta contro il terrorismo, anzi ha difeso la libertà. Non puo' essere un Ordine professionale a decidere sul rapporto di fiducia tra un giornalista e i suoi lettori, e ci pare assurdo e vergognoso che l’Ordine dei giornalisti intervenga nel merito di un suo articolo di critica all’onorevole Romano Prodi.

Chiedo espressamente che l’Ordine revochi la sua sentenza e provveda a restituire l’onorabilità umana e professionale del vice direttore di Libero. È contro la Costituzione che non possa esprimere il suo pensiero liberamente.

giovedì, ottobre 05, 2006

Crisi coniugale

Il mio medico di base assomiglia a una tartaruga. E' molto basso, quando l'incontro nella mia via, si trascina vicino al muro, dietro a sé ha un paio di figli che porta alle feste di compleanno o da amici.
Quando lo incrocio mi fa una visita veloce, guardandomi negli occhi. In genere sto bene (per fortuna), e basta un “buon giorno, come sta”.
“ E io: "bene, grazie”. Se invece mi sento costipato azzardo un “la stavo per chiamare, ha tempo?”.
"Passi a trovarmi in studio". Poi l’ho chiamato sul cellulare per fissare un appuntamento, come prevedono le regole d’ingaggio con il proprio medico di fiducia.
“Vediamo, domani mattina non posso”. “E io non posso nel pomeriggio”.
“Facciamo allora mercoledì”. “Mercoledì? Mercoledì avrei un impegno”.
“Sa, io faccio mezza giornata in studio”.
“Ma io quando sto male, sto male. Mi capita persino di stare male tutto il giorno e talvolta anche la notte”.
Infine, ho ceduto alla sua proposta : “Va bene, allora facciamo mercoledì”.
Sono andato a trovarla nel suo studio, spero di non morire prima.
Il mio medico di base in realtà è una donna, ma io preferisco chiamarla “medico di base”.
Secondo me potrebbe lavorare bene anche dietro il bancone di una merceria, farebbe il suo bel figurone. Secondo me non ha proprio il fisico della dottoressa.
Nei avrei voluto sposare una, con gli occhiali da intellettuale e la puzza leggermente sotto il naso. Poi no, ho pensato: sarei stato sempre io ai fornelli, meglio fuggire dalle donne che non sanno cucinare. La mia dottoressa, comunque, è una brava persona; quando vado a farmi visitare nel suo studio mi analizza a distanza, con gli occhi e non si azzarda a palparmi la pancia come facevano una volta, vecchia scuola! Non crea imbarazzi, quindi, la mia dottoressa.
La mia dottoressa, un giorno, mi ha guardato di traverso. L’ho incrociata per caso nella mia via: avevo un dito gonfio e l'ha notato subito. Le tartarughe sono lente ma hanno una buona vista. Il fattaccio purtroppo era già successo ma non era andato da lei, né l'ho chiamata per un consulto telefonico. Mi son lasciato invece consigliare da mia moglie, e sono finito dritto al pronto soccorso. Ci sono andato da solo, con la mia automobile. Al pronto soccorso.
L'ungherese è rimasta a leggere a casa. Per fortuna l'ospedale non è molto lontano.
Ho dato subito la colpa a mia madre che non mi ha insegnato il nome preciso delle dita della mano e a che cosa servono. Indice, pollice, medio, anulare: adesso mi son fatto una cultura su questi argomenti ma quando è successa quella cosa terribile, non avevo le idee chiare. Per farla breve, mi è capitato di indossare la vera sul dito sbagliato, è finita dritta infilata nel medio, senza che me ne accorgessi. Il dito naturalmente s'ingrossò. Provai con il sapone. Ne misi tanto sul dito, ma l'anello non usciva.
Il medio divenne rosso e poi viola. Il dito medio non serve a nulla, non ha nessuna funzione specifica da quanto mi è dato a sapere. Serve solo in certi casi per favorire i disastri. Le disgrazie conducono alla filosofia.
Insistei con il sapone per oltre mezz'ora, di nascosto senza farmi scoprire da mia moglie perché per lei ogni accenno di malattia diventa una tragedia! Giravo e rigiravo ma l’anello non usciva e il dito da rosso divenne violaceo, dello stesso colore del mosto. Forse il medio serviva all’uomo africano, da cui tutti noi deriviamo. Essendo il più lungo lo usava per lavoretti delicati, all’interno della sua grotta.
Cercai su internet un rimedio al mio problema – lasciando ad altri risolvere i grandi enigmi sull’ antropologia - e trovai un sito dedicato ai singles con i consigli della mamma, tipo come farsi il nodo della cravatta, stringere bene le stringhe delle scarpe, e via di questo passo. Alla voce “disgrazie” non trovai ciò che cercai, allora provai con il motore di ricerca. Digitai piano, senza farmi sentire: anello nuziale. “Nessun risultato”. Provai solo anello. E la risposta era: “Recarsi al pronto soccorso”.
Mia moglie già dormiva. Facendo gli esami del sangue, ha circa 39 di ematocrito, si stanca presto. Io con 49 potrei partecipare al Giro d’Italia e non sfigurerei ma se supero i 50 mi bloccano per sospetto doping. Giuro che non ho mai preso eritoproietina e, tranne qualche omogeneizzato che mi hanno mai fatto ingurgitare i miei genitori, non ho mai assunto sostanze stimolanti. Dunque mia moglie dormiva e di brutto.
Andai al pronto soccorso. Recarsi in ospedale di notte è una brutta faccenda. Pensi che gli altri si stanno divertendo o si riposano beati nel letto, mentre tu sei alle prese con qualche accidente e te la dovrai cavare davanti a gente che non conosci, medici di primo pelo, infermiere cinquantenni, specialisti assonnati e magari ti potrebbe capitare di assistere all’arrivo di qualche delinquente ferito in una sparatoria con la polizia. C’è buio. Nei corridoi dei pronti soccorso regna il buio, poi devi leggere attentamente i cartelli ma è un controsenso perché se stai male hai già perso la lucidità necessaria a capire i messaggi testuali. Ci vorrebbe uno psicologo con il compito di accogliere tutte le persone che bussano alla porta di un ospedale pubblico. Ma è troppo costoso. Lo stato ha deciso di sprecare il denaro in altri modi.
Quando entrai al pronto soccorso vidi delle linee di diverso colore. Forse tre o quattro, ora non mi ricordo bene il numero. Se eri un malato grave dovevi stare su quella rossa. Rossa ? Sì, mi sembra rossa. Se eri “mediamente grave” ti dovevi accontentare della blu. Ma sarà stata blu? Mi dovetti accontentare della verde. E fu la mia rovina. Con la verde sei accontentato ad attese lunghissime perché il caso non è urgente..
Prima arriva una dottoressa, giovane sui trent’anni.
Mi chiede che cosa ho e se sento dolore. Accertata la non gravità della faccenda, mi dice di aspettare con calma. Io che sono una persona di natura tranquilla, messo in certe situazioni divento inquieto. Sbircio a destra e a sinistra. Mi alzo e provo a buttare uno sguardo dentro ad un locale che improvvisamente si apre alla vista. Vedo un altro corridoio illuminato bene e un paio di chirurghi con la loro divisa verde che escono da una stanza. Ma è un attimo perché le porte si chiudono velocemente. Mi siedo di nuovo. Passa un malato sulla lettiga, dietro un paio di parenti mediamente trafelati. Penso che abbia avuto un incidente stradale. Trascorsa mezz’ora, arriva un’altra dottoressa. E’ sulla quarantina ed è splendida. Non ha un etto di ciccia fuori posto e il camicie bianco le fa risaltare le sue belle forme di donna matura. Mi chiede “che cos’ha?”.
Le spiego che mi fa male il dito perché l’anello dovrebbe stare sull’anulare e non sul medio. Mi guarda perplessa. Capisco. Io avrei fatto altrettanto. E’ bionda, quel tipo di biondo che piace agli uomini. “Stia tranquillo, e aspetti”. Mi abbandonò al mio destino. Se avessi ascoltato il mio istinto l’avrei rincorsa per tutto l’ospedale, solo per stare un po’ accanto a lei. E io invece mi sono seduto di nuovo, per tradire il tempo guardavo le strisce colorate sul pavimento delle varie emergenze. Poi mi son fatto spiegare.
Le dottoresse passano a turno dai casi meno gravi, se nel frattempo non si aggravano vanno a occuparsi di quelli più disperati. Alla terza dottoressa, una bruna tracagnotta, decisi che era giunto il momento di fare la tragedia greca, non avevo più voglia di aspettare. Incominciai a stringere il dito di modo che diventasse ancora più viola. Presi la mano dolente e l’accostai forte sulla pancia al livello dell’ombelico. Quando la dottoressa giunse ad un metro, incominciai anche a lamentarmi, ne uscì l’imitazione straziante del miagolio di un gatto. La tracagnotta mi si accostò e mi disse: “ Su, non faccia così”. La guardai in cagnesco, smisi di lamentarmi. Mi prese sotto braccio e mi condusse dal medico di turno. Ci voleva tanto! Io feci molto attenzione a calpestare la linea verde disegnata sul pavimento. Quindi mi si fece incontro un’ infermiera dall’età indecifrabile, poteva avere quaranta come cinquant’anni e le spiegai per filo e per segno come mi procurai l’incidente. Mi ascoltava con interesse, alla fine era allibita. Nella stanza, un giovane medico armeggiava con gli attrezzi del mestiere. Notai chiaramente la tendina dove la gente si spoglia, lontano dagli occhi degli altri. Mi resi conto che era un oggetto importante in quel trambusto che di solito è il pronto soccorso. Per fortuna era notte e non trovai quasi nessuno.
Il medico era di primo pelo ma sapeva il fatto suo. Giovane e sportivo, sul metro e ottanta, mi diede un’occhiata veloce. La sua espressione era neutra, professionale. Forse era abituato a ben altro, il mio incidente per lui non era che una bazzecola. Prese una lunga tenaglia, una di quelle che si usano in sala operatoria, e recise deciso il mio anello.
Ero libero! Il sangue tornò a scorrere, il dito riprese il suo colore naturale. L’anello era spezzato in due parti. L’infermiera mi guardò con aria di compatimento. Il medico uscì in corridoio a telefonare alla fidanzata. Uscii umiliato ma soddisfatto di essermi liberato del problema”
Atomo a casa non se la cavò tanto facilmente.
“Ma come hai fatto? Ma è possibile che non sei capace di vivere tranquillo e ci deve sempre essere qualcuno che ti viene in tuo soccorso”.
Lui le fece notare che si era trattato di un semplice incidente, e che ciò non accadeva spesso. L’ungherese s’arrabbiò. “Non ti ho detto, forse, che l’anello va tenuto sempre al dito anche quando vai a nuotare nel mare? Non te lo devi mai sfilare, per nessuna ragione!” Mentre parlava, Atomo guardava in alto e talvolta in basso con aria assente. E questo accadeva spesso quando una persona lo riprendeva. Fra una alzata e un’altra di capo decise che avrebbe dovuto recarsi dal gioielliere per far ricomporre l’anello. Il negozio era un buco in cui i clienti facevano fatica ad infilarsi gestito da una coppia di anziani tracagnotti prossimi alla pensione. Dal fare circospetto dell’uomo si capiva che aveva una pistola dietro il bancone di quelle che si usano per legittima difesa.
Quando entrò nel negozio capirono al primo sguardo che non avrebbe mai fatto male ad una mosca, più facile il contrario. Si rilassarono e iniziarono a sputare addosso ad Atomo le loro verità, i loro giudizi, taglienti come una pallottola. “Ma lo sa che non si abbandona mai l’anello di matrimonio?” Capirai, erano gente all’antica. “Comunque non si preoccupi, fra due settimane l’avrà indietro come nuovo, però spariranno le lettere e le cifre impresse all’interno”. Preso il cazziatone dai gioiellieri, rimproverato dalla moglie, abbordato e salutato dal titolare dell’onoranze funebri del quartiere, Atomo, sconfortato, andò a giocare al lotto.
E poi, si accese anche una sigaretta.