giovedì, giugno 22, 2006

Italiani che saltano/Andrew Howe


Lui, lei e… un altro. Un triangolo perfetto, una magica triade, una combinazione virtuosa. Questo per dire che le cose belle non si fanno da soli. Lui è Andrew Howe, atleta dell'85 specializzato nella corsa veloce e nel salto in lungo; lei è la mamma - allenatrice, tale Renée Felton un po' “pigmalione” – in versione femminile e materna - un po' organizzatrice del talento del figlio. L'altro è niente po' po’ di meno che "il figlio del vento", all'anagrafe Carl Lewis che ha il merito di aver consigliato ad Howe - dopo un periodo tribolato di incidenti - di specializzarsi sempre di più nella disciplina del lungo dove l'italiano dal nome inglese e dalla pelle bruna ha maggiori possibilità di migliorare.

Ma andiamo con ordine. Howe è un predestinato. Va forte, corre bene, fin troppo. E così i paragoni con “il figlio del vento” si sprecano e sono imbarazzanti. "A 15 anni saltò di più di Carl Lewis, a 17 più bravo del figlio del vento". Discorsi così avrebbero mandato in tilt il sistema nervoso di qualsiasi umano.

Howe, invece, cresce. Va sempre più forte, anche se alcuni infortuni fisici ne intralciano il cammino. Nell'estate del 2004 Howe vince i Mondiali juniores di Grosseto con un 8,11 nel lungo e un 20.28 nei 200. E' la consacrazione di un atleta che sembra predestinato a diventare un campione a tutto tondo. Ma i guai fisici ne condizionano il proseguo della carriera.


Le ultime Olimpiadi potevano essere una bella occasione per mettere in mostra il talento dell'italiano ed esporlo in vetrina e invece le cose si sono messe subito male, con un piede dolorante è uscito presto nei 200. Peccato, peccato soprattutto per un’Italietta, quella dell’atletica, che in penuria di fuoriclasse, stenta a collocarsi a livello internazionale, anche se la buona volontà dei singoli e della federazione certo non manca. Si vive così un po’ alla giornata, sperando nel colpo fortunato del singolo oppure sulla continuità delle prestazioni di taluni settori, come la marcia, che pur sprovvista di quel naturale appeal verso il grande pubblico, sa quasi sempre regalare medaglie di conio prezioso ad ogni appuntamento internazionale che si rispetti.

Howe reduce da una Olimpiade mediocre nel risultato avrebbe potuto cadere nella crisi più profonda. E non è mancato chi se l’è presa con il suo entourage, in primis la madre, ex ostacolista, che vive in prima persona le vittorie, le sconfitte e le palpitazioni, tipiche dell’agonista, che ha già calcato il tartan in gioventù.
Può esserci un’allenatrice più apprensiva, più coinvolta, di una madre che da ragazza ha fatto lei stessa l'atleta? Ve la immaginate la figlia di Sara Simeoni che si cimenta con il salto in alto, oppure il nipote di Mennea che si dedica ai 100 metri, con l’ambizione, persino, di arrivare ad una finale olimpica?

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