martedì, luglio 04, 2006

Doping e FILOSOFIA



Le parole più appropriate per giudicare il fenomeno del doping che in questi giorni sta tenendo banco sulle pagine di tanti giornali (è nota l'esclusione dei principali protagonisti alla vigilia del Tour de France 2006) sembrano essere quelle del filosofo, persona pagata apposta, si direbbe, proprio per ragionare.

C'è un passaggio profetico di un libro del pensatore francese Alain Finkielkraut che analizza il mondo contemporaneo.
Ne "Noi, i moderni" (edizione Lindau) il pensatore - laico di origine ebrea e polacca, dedica un breve capitolo, intitolato Troppo alto, troppo veloce, troppo forte! proprio allo sport e, in particolare, al fenomeno del doping. (foto da internet). Ecco alcuni brani.

Di tutte le pratiche umane , ce n'è una che replica al limite scavalcandolo letteralmente, e che fa del superamento una frontiera sempre spostata in avanti: è lo sport. Occupazione ludica, che però nulla ha di superficiale: è l'attività paradigmatica in cui l'uomo moderno prende coscienza della propria vocazione: "Iniziativa? Il calcio ve ne darà! Ne sono convinto!" - dichiarava Pierre de Coubertin all'inizio del XX secolo, in un discorso agli alunni di una scuola secondaria.

Gli Antichi consumavano con ingordigia e senza alcuna vergogna ogni sorta di sostanza destinata a moltiplicarne artificialmente le forze e le capacità. I moderni hanno sostituito il metodo alla magia: hanno medicalizzato il doping. E anche il doping, come tutto il resto, s'impegna ad andare oltre. Da qui la minaccia che oggi pesa sull'essenza stessa dello sport. Non si è più sicuri che vinca il migliore. La vittoria forse va al meglio dopato. Il sospetto rovina lo spettacolo e dissipa l'incantodemocratico di un'altissima competizione ad armi pari.

E non è tutto. L'ingegneria genetica allarga vertiginosamente il campo del doping. Non solo droghe impossibili da rilevare sostituiscono ormai quelle più facili da scoprire, ma la scienza è in procinto di modificare le cellule per far sì che siano esse stesse aprodurre le sostanze necessarie.

Certo, non siamo ancora arrivati a questo punto, ma siamo andati abbastanza lontano per farcene irretire. I campioni, che una volta erano la magnifica incarnazione del rifiuto dell'umanità di lasciarsi rinchiudere entro una definizione, adesso ci appaiono sempre più come le cavie del post umano. (...)

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