martedì, gennaio 09, 2007

Pantani, tra fiction e letteratura

Marco Pantani. Basterebbe dire solo il nome e poi il cognome per evocare un mare in tempesta, mille storie, passioni, delusioni, commenti, ricordi.

Marco Pantani e poi basta. Sarebbe sufficiente un amen. Per lasciarlo in pace, lasciarlo riposare. Marco Pantani. E basta. E tutto.

E invece, di Marco Pantani ci toccherà parlare ancora e a breve.

Si è ormai aperta una piccola sfida tra la Rai e Sky. Quest'ultima aveva un vecchio progetto, quello di realizzare una miniserie su Pantani tratta dal libro Un uomo in fuga, scritto da Manuela Ronchi, manager del campione, e dal giornalista sportivo Gianfranco Josti. L'attore protagonista è stato trovato, e salvo ripensamenti sarà Claudio Bisio.

La Rai non si è fatta attendere, tanto che a febbraio potremmo vedere il film di Claudio Bonivento Il pirata-Marco Pantani, prodotto dalla Ballandi Entertainment. Protagonisti: Rolando Ravello e Nicoletta Romanoff. La storia è tratta da Un Uomo in fuga. La vera storia di Marco Pantani, un racconto esclusivo che prende spunto dagli appunti che lo stesso Pantani stava raccogliendo negli ultimi mesi. Già in partenza questo duello sta banalizzando un evento tragico.

Si poteva evitare di fare un film su Marco? Non è ancora presto? Oppure "lo spettacolo deve continuare"?

Intanto, pescando nella memoria e nei cassetti, ho ritrovato un libro scritto da Giulio Ferroni, uno dei maggiori letterati critici militanti che abbiamo in Italia. Per i tipi della Manni scrisse "Dizionarietto di Robic", centouno parole perl'altro millennio". In copertina c'è l'immagine del vecchio corridore, detto "testa di vetro" per le sue continue cadute, ma in questa copertina anche "un segno di affetto per quel lontano universo sportivo, per quel personaggio simpatico e sfortunato, e insieme un'associazione giocosa, ironica ed autoironica, tra quella testa di vetro e le teste intellettuali, la loro fragile e testarda pretesa di giudicare il mondo, di criticarlo, di correggerlo".

Le 101 voci del Dizionarietto sono il frutto di una rubrica settimanale, denominata "armi improprie" che gli fu capitata di tenere su proposta di Enrico Deaglio, sulla rivista "Diario della settimana", nata dalle costole dell'Unità.

Bene. Fra queste voci, c'è quasi di tutto (si spazia da c come casini a s come sdoganamento) poteva non esserci il posto per la P di Pantani. Precisamente, il capitolo s'intitola: "Pantani (pelata di)".

Ferroni, naturalmente, che è un appassionato di ciclimo, dedicò un intervento al corridore. La coincidenza temporale era favorevole. Aveva appena vinto infilato il Giro del 1998 e si apprestava a conquistare anche il Tour, sempre nello stesso anno.

Così Ferroni: "Dato il mio nome e il mio passato , nessuno si meraviglierà se questa settimana mi unisco anch'io agli entusiastici cori che, nel centenario del Corsaro nero di Emilio Salgari e in coincidenza con la fine della Bicamerale, hanno accolto l'esito del Giro d'Italia e la vittoria di Marco Pantani, detto Il Pirata: con lui si è avuto il riscatto degli scalatori, dei combattenti, degli attaccanti, di coloro che in bicicletta sanno soffrire, insistere, perseverare, guardare sempre oltre, sfidarela sfortuna..."

A noi ciclisti Pantani ha dato l'illusione (forse effimera, forse mitologica) (poi c'è un
asterisco che richiama al fondo una nota) che anche entro l'apparato sempre più
ultratecnologico, ultramercantile, ultrapubblicitario, post moderno e multimediale, dello sport ufficiale chiamato ciclismo, possano persistere e balzare in evidenza residui di un antico ciclismo corposo e terragno, legato ad una provincia italiana solida ed ostinata, a quella che taluni chiamano l'umile Italia di Bartali e di Coppi..."

La nota dell'asterisco, in fondo alla pagina diceva; "poi crudelmente smentita"

Ecco: solo per dire che Marco Pantani è riusciuto a muovere anche la penna degli intellettuali.
Non solo fiction, quindi.

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